GoFundMe avrebbe creato oltre 1,4 milioni di pagine di donazione senza autorizzazione. Una notizia da leggere (e da condividere: grazie a Francesca Tartarini per la segnalazione)

Secondo quanto riportato, GoFundMe avrebbe generato autonomamente pagine di donazione per organizzazioni nonprofit, usando dati pubblici. Logo, indirizzo, codice fiscale, social link. Tutto sembra ufficiale. Ma le organizzazioni non ne sanno nulla.

E se un donatore atterra lì?
– I fondi restano parcheggiati fino a quando l’organizzazione non scopre la pagina e effettua la procedura di “registrazione”
– Il sistema “suggerisce” una mancia molto generosa (16,5%) alla piattaforma, non all’ente (e su questo in Italia GoFundMe ha già avuto qualche grattacapo)
– Il donatore non entra in db con tutto quello che ne consegue

🎯 Per chi lavora nel settore, è facile intuire i rischi: perdita di controllo, di relazione, di fiducia. Ma il donatore? Non lo sa. Non se lo aspetta. Non se lo immagina nemmeno.

📌 Ed è qui che sta il vero problema: non solo nella prassi “discutibile” di una piattaforma, ma nel fatto che troppo spesso diamo per scontata l’awareness digitale di chi ci sostiene.

E se quella pagina su GoFundMe appare prima del tuo sito ufficiale su Google, il danno è anche maggiore. Non (solo) per malafede, ma per asimmetria informativa.

Cosa possiamo fare?
1. Cercare il nome della nostra organizzazione (soprattutto se stiamo oltre oceano)
2. Se c’è una pagina non rivendicata, completare la procedura.
3. Verificare la propria presenza digitale: SEO, link, diciture.

Ma soprattutto, assumere una postura proattiva soprattutto in ambito digitale. Non possiamo più pensare che basti “esserci” online. Dobbiamo esserci bene, esserci davvero, esserci verificati.

💬 E voi? Che cosa ne pensate? Vi è mai capitato di inciampare in una pagina “ombra” della vostra organizzazione?

Original Linkedin Post: https://www.linkedin.com/posts/almagio_hi-linkedin-nonprofit-network-i-want-to-activity-7387020055168974848-qQee