Da bambino volevo diventare archeologo🏺
Oggi, mi ritrovo con una professione senza un’etichetta tradizionale, che mi piace definire come “informatico umanista affetto da eclettismo” 🤓
Com’è successo? E perché oggi mi sento più vicino al mondo del fundraising che a quello dell’IT💻
Credo non si sia trattato di un cambiamento, ma un’evoluzione. Ogni passo, luogo, e esperienza ha fatto parte di un percorso per me chiaro e coerente. La parola cambiamento implica discontinuità. Evoluzione? È solo crescita, ed è più in sintonia con la mia storia.
🤔Cosa mi ha portato a questa riflessione?
Durante Fundraising to Say, ho ascoltato un intervento illuminante di Francesco Brunori. Ha evidenziato un paradosso:
Se chiedi alle persone come si vedono rispetto a dieci anni fa, rispondono “completamente diversi.”
Se chiedi come si vedono tra dieci anni, rispondono “esattamente uguali.”
🤔Strano, vero? È un riflesso di come spesso ignoriamo la nostra evoluzione.
Mi era già capitato di imbattermi nei cosiddetti “futures studies” ma il cotesto di FTS mi ha permesso di discuterne e di chiacchierarne con diverse persone dandomi modo di rielaborare alcuni concetti.
Questo mi ha portato a riflettere su come siamo abituati a guardare il nostro passato, o quello delle nostre organizzazioni, con una logica “post hoc” e una forte propensione all’omeostasi che ci porta a ignorare anomalie e divergenze: preferiamo ragionare su eventi alla “Sliding doors” invece di osservare la nostra evoluzione.
Questo ci rassicura riguardo al nostro passato, ma oscura la nostra visione del futuro, o per meglio dire, dei futuri.
Nel suo intervento Francesco ha provocatoriamente detto che i dati non servono perché le serie storiche non contengono quasi mai quegli elementi di “crisi” che determinano i cambianti.
Io credo che sia la nostra avversione al cambiamento e la paura che questo si traduca in perdita a renderci miopi rispetto ai dati e alla loro capacità di aiutarci a intravedere futuri plausibili, possibil e preferibili.
Nei miei futuri vedo l’evoluzione, lineare o meno, di quello che sto facendo, vedo crisi complesse di cui però conosco le radici e, forse, vedo traguardi che non oso confessarmi.
E voi? Come vedete vi vedete tra 10 anni?
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