Parafrasando Groucho Marx: “Non vorrei mai far parte di un club che accettasse tra i suoi soci i nazisti dell’Illinois.”
È una battuta, certo, ma non così lontana dalla realtà quando parliamo di social network e delle recenti scelte di Meta.

Per le organizzazioni non profit, la domanda diventa sempre più urgente: ha senso continuare a va utilizzare Facebook come spazio strategico se la piattaforma abbandona principi fondamentali come l’inclusione e la lotta ai discorsi d’odio? O è proprio questo il momento per restare e farlo in modo più attivo e consapevole, cercando di contrastare tali tendenze?

Le nuove policy di Meta, che di fatto allentano le restrizioni sui discorsi d’odio, unite a una gestione degli algoritmi orientata più alla “riduzione degli errori” che alla responsabilità sociale, sono un segnale preoccupante. Come oramai è evidente, le piattaforme non sono spazi neutri: riflettono la volontà politica e commerciale di chi le possiede, e l’esperienza di altre piattaforme come X (ex Twitter) lo conferma.

Per quanto queste scelte non abbiano ancora impatto diretto sul contesto europeo, credo sia fondamentale avviare un dibattito almeno all’interno del nostro settore. Continuare a utilizzare uno strumento che si muove in questa direzione è davvero coerente con le nostre mission?

Forse, per una volta, è necessario andare oltre la logica del “dove c’è il pubblico dobbiamo esserci” e mettere i valori davanti alla visibilità. Oppure, se scegliamo di rimanere, è il caso di farlo con maggiore incisività, trasformando la nostra presenza in una forma di resistenza attiva.

Personalmente sono molto scettico sulla possibilità di avere un impatto, sia restando sia uscendo dalla piattaforma ma sono convinto che discuterne sia comunque necessario.

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