Mi ha colpito davvero un articolo segnalato da una collega e amica (grazie Giulia).
Una lettrice di Avvenire racconta di aver ricevuto un mailing con un gadget da un’organizzazione che sostiene e si chiede: “Quanti dei miei soldi finiscono qui?”. Una domanda semplice, forse un po’ ingenua per chi “è del settore”, ma è il tipo di domanda che, in me, scava nel profondo.
Perché il punto non è il gadget, il dubbio legittimo della lettrice, o lo strumento del mailing. Il punto è tutto ciò che non misuriamo e, su questo, mi piacerebbe condividere qualche riflessione e qualche dubbio per cui fatico a trovare risposte.
1. La percezione non è sempre allineata alla realtà.
Molti di questi mailing non sono rivolti a chi ha già donato, ma a liste fredde.
E allora mi chiedo: la lettrice di Avvenire ha davvero ricevuto quella busta dall’organizzazione che sostiene?
O da un’altra, sovrapponendo i due enti nella memoria?
Non è un dettaglio.
Nel nostro settore le persone spesso non sempre distinguono chiaramente tra un ente dall’altro.
Mi è successo molte volte di sentire sostenitori al telefono che in realtà ceravano un’altra organizzazione e so che è esperienza piuttosto comune.
Questo fenomeno di “sovrapposizione” può avere un impatto reale sulla percezione.
2. Il tema non è il gadget: è l’effetto non misurato.
Per ogni persona che scrive una lettera come quella pubblicata da Avvenire, quante sono quelle che non scrivono nulla… ma che, in silenzio, ci tolgono mentalmente “punti fiducia”?
Nei mailing ragioniamo spesso sui numeri “positivi”: le percentuali di risposta, i nuovi donatori o il ROI sono le metriche che ci interessano.
Ma quell’altro 9(x)% che non risponde, che cosa pensa?
Quale reazione ha di fronte a quella penna, quei guanti o quella calcolatrice?
Non abbiamo dati, o quasi.
Eppure è lì che si gioca una parte della fiducia, ahimè, non solo verso il mittente ma, potenzialmente verso tutto il settore.
Perché, per moltissime persone, la distinzione tra un’organizzazione e l’altra è sottilissima. A volte inesistente.
Il comportamento di una singola organizzazione può diventare percezione collettiva.
E poi c’è la pressione.
Negli ultimi giorni la mia casella di posta si è riempita di mailing “natalizi”.
Incidentalmente, un’amica e collega (grazie Francesca) mi ha mandato un video in cui fa “l’unboxing” della sua cassetta delle lettere: ben 14 mailing ricevuti in una settimana (io mi sono fermato a sette…)
E allora la domanda torna, più insistente:
-> Che impatto ha questa pressione?
-> C’è un modo per misurarla?
-> Ma soprattutto: c’è un modo per comunicare, senza perdere efficacia, ma con meno rischi reputazionali?
Non ho risposte, quanto meno non facili.
Ma ho la sensazione che potrebbe essere il momento per affrontare l’argomento, insieme, senza giudizi, senza trincee.
Perché la fiducia è l’asset più prezioso del nostro settore.
E quello che perdiamo in silenzio, senza consapevolezza o coscienza è molto difficile da recuperare.
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