Una delle prime iniziative del nuovo mandato di Donald Trump come Presidente degli Stati Uniti è stata la firma di un ordine esecutivo per abrogare quello emanato nel 2023 da Joe Biden sulla sicurezza e l’intelligenza artificiale generativa.

La scelta sembra inserirsi in una logica di deregolamentazione mirata a favorire lo sviluppo accelerato di settori tecnologici emergenti, riducendo i vincoli legati a privacy, sicurezza e altri aspetti normativi.

🚀Questa teoria – molto statunitense – sosterrebbe che eliminare temporaneamente alcune regole possa garantire una “velocità di fuga” che consenta a un settore di crescere più rapidamente, lasciando a un secondo momento la creazione di un quadro normativo più solido. Una posizione che, per alcuni, rappresenta una strategia vincente per incentivare l’innovazione.

⚠️Io, però, non riesco a non interrogarmi sui rischi di questa visione.

Quando parliamo di sicurezza, trovo utile fare un esempio concreto: quanti di noi oggi userebbero cinture di sicurezza in auto se non fossero obbligatorie per legge?
Più concretamente: quanti hanno un estintore in casa? Sarebbe una misura di sicurezza minima considerando che è un obbligo negli ambienti pubblici.

La realtà è che, nella maggior parte dei casi, la sicurezza non viene percepita come una priorità immediata, soprattutto quando non siamo costretti a rifletterci.
E allora perché c’è questa resistenza a regolamentare in anticipo un settore come l’intelligenza artificiale generativa? Forse perché regole su sicurezza, privacy e trasparenza vengono vissute come ostacoli, come freni che rallentano lo sviluppo. Ma questa contrapposizione tra sicurezza e progresso, tra regole e libertà, mi sembra una visione miope.

Quando guardiamo da vicino il discorso sulla deregolamentazione, emergono alcune domande fondamentali: siamo davvero disposti a sacrificare la sicurezza per inseguire una crescita più rapida? E soprattutto, chi trae vantaggio da questa libertà senza vincoli? Come sottolinea Shoshana Zuboff nel suo illuminante “Il capitalismo della sorveglianza”, molte volte dietro l’idea di “meno regole, più innovazione” si nasconde il desiderio di sfruttare senza limiti i dati personali, la proprietà intellettuale e altre risorse che appartengono a tutti noi.

La vera sfida, quindi, non è scegliere tra sicurezza e sviluppo, ma costruire regole competenti e bilanciate, che proteggano le persone senza soffocare la capacità di innovare. Regole che riflettano una maturità sociale e tecnologica, dove la tutela della privacy e della sicurezza diventi parte integrante del progresso.

Perché la vera innovazione non si misura dalla velocità, ma dall’impatto positivo che può avere su tutta la società.

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