Oggi è la “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne” e vorrei condividere una riflessione che nasce da tante discussioni con amici, colleghi e conoscenti.

Spesso, quando si parla di femminismo, di violenza di genere o di patriarcato, la risposta automatica di tanti uomini – e io stesso per anni ci sono caduto – è “Not all men”, non tutti gli uomini.

Io non sono così.

Io non farei mai quella cosa. I miei amici non lo farebbero mai.

È una trappola retorica, perché ci porta a prendere le distanze, a sentirci dalla parte della soluzione, mentre in realtà facciamo parte del problema.

Non per colpa individuale, ma per responsabilità culturale.

Il punto non è se io, singolarmente, commetterei mai una violenza. Tantomeno se l’abbia mai commessa.

Il punto è che siamo cresciuti dentro un sistema che quella violenza l’ha resa possibile: dai film e dalla televisione che ridicolizzavano il consenso, ai catcalling spacciati per complimenti, dall’oggetificazione del corpo femminile in spot e trasmissioni, fino alla legge sulla violenza sessuale che in Italia ha smesso di riguardare “la morale” solo trent’anni fa.

Dire “io non sono così” ci rassicura e, per molti, è anche vero, non lo discuto.

Ma il proboblema non è il comportamento individuale, la colpa o il merito del singolo: riconoscere e ammettere che condividiamo la stessa matrice culturale da cui nasce la violenza, che facciamo parte di un sistema patriarcale è molto più difficile, ma è l’unico modo per crescere e cambiare.

La nostra parte, come uomini, non è rivendicare un’innocenza personale.

La nostra parte è prenderci la responsabilità di riconoscere le radici comuni del problema e impegnarci a trasformarle.

Il femminismo è uno sforzo collettivo per costruire una cultura diversa e per questo riguarda anche gli uomini.

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