Quando l’automobile fece la sua comparsa, molti la definirono una “carrozza senza cavalli”. Era una descrizione tanto limitata quanto inevitabile: di fronte a un’innovazione senza precedenti, ci aggrappiamo a ciò che conosciamo, usando categorie familiari per cercare di dare un senso all’ignoto. E così facendo, rischiamo di ignorare completamente le caratteristiche più innovative e dirompenti della novità che abbiamo davanti. Shoshanna Zuboff lo ha espresso chiaramente: con questo esempio e con la sua sintesi l’inedito e, per sua natura, irriconoscibile.

Oggi, di fronte all’Intelligenza Artificiale, stiamo ripetendo lo stesso errore. Ci troviamo a parlare di AI come se fosse semplicemente un’estensione o un miglioramento di strumenti che già conosciamo. Invece, si tratta di una tecnologia che sfida le nostre concezioni tradizionali e richiede una riflessione etica e culturale profonda. Il nostro linguaggio non e ancora adeguato a descriverla, e spesso utilizziamo termini che ne distorcono il significato, influenzando negativamente la comprensione collettiva: abbiamo bisogno di nuove parole per descrivere nuovi processi e concetti che per quanto li imitino non hanno a che fare con il pensiero, l’intelligenza o la creatività umana.

A questo aggiungiamo che oggi la cultura tecnologica é ancora scars e spesso la tecnologia viene percepita come qualcosa di “magico”, una scatola nera di cui non si comprende appieno il funzionamento, ma a cui si attribuisce un potere quasi sovrannaturale. Questo atteggiamento ci impedisce di comprendere davvero le potenzialità (positive e negative) dell’AI. Dobbiamo sforzarci di guardare oltre la superficie, di sviluppare un nuovo vocabolario e una nuova consapevolezza culturale che ci permetta di affrontare l’AI per ciò che è realmente: non una semplice evoluzione del passato, ma una rivoluzione che potrebbe ridefinire il nostro futuro.

Riusciremo a superare la nostra tendenza a vedere l’AI come una “carrozza senza cavalli” e ad abbracciare pienamente il suo potenziale? O continueremo a usare strumenti concettuali inadeguati, perdendo di vista ciò che conta davvero?

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate e come affrontate voi la sfida di comprendere e descrivere l’Intelligenza Artificiale. Il dibattito è aperto.

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