Condividere è parte di me. Che si tratti di una scoperta linguistica, un ristorante interessante, o un’idea brillante per risolvere un problema, trovo un piacere genuino nel mettere in comune esperienze e conoscenze. È un gesto che non solo arricchisce chi riceve, ma anche chi dona: contribuisce a creare un circolo virtuoso di apprendimento, collaborazione e, forse, un po’ di buon karma.
Eppure, c’è una dinamica che ho notato sempre più spesso, qualcosa che potrei definire “l’asimmetria della condivisione”. Mentre io tendo ad aprirmi senza remore, a volte trovo dall’altra parte una certa ritrosia, quasi una “gelosia” delle conoscenze. È una barriera che mi lascia perplesso e che solleva alcune domande.
Da un lato, mi chiedo se il mio entusiasmo non venga percepito come una sorta di arroganza: il gesto di chi sembra voler sottolineare il proprio sapere. Dall’altro, quando questa ritrosia appare più intenzionale, mi domando se sono io a essere ingenuo nel condividere apertamente idee e competenze, senza protezioni o strategie.
Qualunque sia la spiegazione – timidezza, malizia o semplice differenza di stile – trovo interessante riflettere su come gestiamo il flusso di informazioni e idee nel nostro lavoro e nelle nostre vite. È un tema che, credo, meriti un dibattito più ampio, perché in fondo è nella condivisione che si costruisce la fiducia e si alimenta il progresso.
E voi, che ne pensate? Come vi relazionate alla condivisione, sia in ambito personale che professionale? C’è un equilibrio che avete trovato o sentite anche voi questa asimmetria? Mi piacerebbe sentire la vostra opinione.
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